Negli ultimi anni si tende a identificare con il termine diet-culture, sempre più usato e diffuso, quel “movimento sociale” che punta i riflettori su peso, la forma corporea, la taglia, il “fit-” (fitness, fit-food, fit-body, ecc), invece che sul valore di salute e benessere.
Viene continuamente mostrato un canone estetico di magrezza, di corpi scolpiti, di “perfezione” e viene passato il concetto che stare a dieta, e qui intendo una restrizione calorica, sia normale, bello e facile. Ma la dieta proposta come restrizione, insieme di regole, cibi si e cibi no, cibi light o proteici, ricette fit, regimi all’ultima moda, che troviamo quotidianamente su social, giornali e TV propinati da chiunque non è né normale, né bella né facile. Dietro promesse di risultati talvolta irraggiungibili c’è la sottesa richiesta di costanza, rinunce, fatica, autocontrollo.
E soprattutto non è scontato che si tratti di uno stile di vita sano: non intendo solo relativamente al cibo (spesso i cibi light subiscono diversi processi industriali, molte ricette tengono conto delle kcal e dei macro e non della salubrità e qualità degli ingredienti stessi) ma anche a livello mentale. Pensare continuamente a cosa mangiare, passare il tempo a cercare ricette fit, sentirsi in colpa, essere ossessionati dai macro o dalle kcal sono sintomi di un rapporto con il cibo davvero poco sereno. Pesarsi ogni giorno, lasciare che il peso influenzi l’umore della giornata o ancor peggio l’autostima, criticarsi continuamente allo specchio, confrontarsi con questo o l’altro modello estetico, sono altri segnali di un rapporto conflittuale anche con il proprio corpo.
La cosa peggiore è che tutto questo passa per assolutamente normale. Non è normale! È dannoso!
Nel mindful eating possiamo trovare la chiave per modificare questo approccio tipico della diet-culture. Il mindful eating non è una dieta, né l’ennesimo insieme di regole, ci insegna “semplicemente” a stare in ascolto: ascolto dei bisogni del nostro corpo, delle emozioni, di noi stessi. Ci insegna ad integrare quella che viene definita saggezza interiore (segnali del corpo, emozioni, sensazioni) con la saggezza esterna (quello che conosciamo su cibo, attività fisica, ecc; è la parte più razionale e mentale che deve diventare però saggia, lasciando andare moltissime informazioni e regole che ci arrivano proprio dalla diet culture).
Questo approccio integrato tra segnali del corpo e mente usata in modo consapevole ci permette di connetterci con i nostri bisogni e fabbisogni, ci aiuta a liberarci da automatismi, regole e schemi appresi, ci porta ad osservare e ad agire con consapevolezza e maggior gentilezza verso noi stessi.
Un’altra differenza importante sta anche nel cambiamento sul lungo termine.
Quante volte si abbandonano i vari regimi dimagranti perché troppo difficili, talvolta incompatibili con famiglia o altri impegni/attività, per noia e per pigrizia? Oserei rispondere la maggior parte. Ma questa cultura radicata del corpo perfetto e dell’essere perennemente a dieta, ti porterà ad abboccare alla prossima dieta alla moda, e così in un loop continuo. Nel lungo termine quindi non mantengo nessun risultato, semplicemente ricerco la prossima “dieta che funziona” esattamente come vuole il mercato della diet-culture.
Con il mindful eating tutto questo non avviene, perché cambia totalmente l’approccio, cambia la consapevolezza che abbiamo di noi, del nostro corpo e del cibo stesso; il cambiamento è quindi più profondo, e di conseguenza può davvero durare nel lungo termine. Diventare consapevoli significa diventare liberi, e questa libertà è la chiave per stare bene e vivere con maggior serenità il rapporto con il cibo, il corpo, il nutrirsi veramente.