Il pane, ancor più della pasta e di altri carboidrati, è un alimento tanto temuto e moltissime persone arrivano in studio dicendo fieramente di averlo eliminato e di non mangiarlo più. Ma è davvero un alimento da eliminare? O forse dovremmo distinguere tra “pane” e vero pane?
Sono un’appassionata di fermentazioni e panificazioni, mi diletto a impastare senza grosse pretese, ho partecipato a svariati corsi di panificazione tenuti da panificatori esperti di lievitazione naturale e pasta madre e tengo io stessa da quasi 10 anni corsi di panificazione con lievito madre organizzati da me o con i gruppi di acquisto, nei quali spiego come si fa il vero pane e quali caratteristiche deve avere.
In questo articolo voglio darti un’infarinatura proprio su questo.
Siamo arrivati a eliminare un alimento sano della nostra tradizione per sostituirlo con tutta una serie di prodotti industriali di dubbia salubrità.
Infatti il vero pane non è quel prodotto confezionato che dura morbido per settimane o forse mesi, fatto con 10-15 o più ingredienti.
Il vero pane è un impasto di acqua e farina, con aggiunta di sale, che fermenta (e non lievita) ad opera della pasta madre, che a sua volta è costituita solamente da acqua e farina. Possono esseri aggiunti olio meglio se extravergine di oliva, semi oleosi, curcuma, rosmarino, o altri ingredienti naturali ma la base deve essere acqua e farina.
La grossa differenza nella qualità del pane è data dalla farina e soprattutto dalla lievitazione.
Il lievito di birra è un lievito della specie Saccaromyces, in particolare S. cerevisiae.
Il lievito naturale (pasta madre, lievito acido, pasta acida) è un “semplice” impasto di farina e acqua che fermenta grazie a un complesso di lieviti e batteri, che si trovano naturalmente nella farina, nell’acqua, e nell’ambiente. Si formano diversi tipi di lieviti (diverse specie di Saccharomyces principalmente exiguus e cerevisiae, anche ellipsoideus), e non una specie sola, e moltissimi batteri. La proporzione di lieviti e batteri è di circa 1:100. Tra i batteri abbiamo specie eterofermentanti ed omofermentanti del genere Lactobacillus (brevis, casei, sanfranciscensis, plantarum, acidophilus ..), Leuconostoc, Pediococcus e Weissella.
Con il lievito di birra nella lievitazione si produce quasi solo anidride carbonica che gonfia l’impasto, mentre con la fermentazione abbiamo produzione di diversi acidi, tra cui l’acido lattico, che apportano diverse proprietà all’impasto. Inoltre con la fermentazione l’intero impasto subisce una trasformazione che rende quella farina digeribile e assorbibile per il nostro intestino.
Un pane fermentato con pasta madre subirà una trasformazione dell’impasto ad opera dei batteri e degli enzimi, che gli conferirà una serie di caratteristiche:
Ovviamente un buon pane dipende anche dalla farina utilizzata.
Negli anni si è sempre più diffusa l’utilizzo di farine di forza per fare dei pani bianchi, soffici e con bolle enormi, ancor più se sono confezionati e devono avere una shelf-life lunga.
Ma il fine con cui dovremmo mangiare il pane dovrebbe essere quello di nutrirci, non di avere un pane esteticamente bello da vedere o morbido (solo per un giorno).
La scelta della farina spesso infatti è tecnologica, e se facciamo un passo indietro la stessa selezione del grano coltivato per l’utilizzo alimentare è stata fatta a scopi tecnologici. Infatti la selezione del grano “moderno” è stata fatta su 3 criteri specifici: elevata resa, elevato tenore di glutine, facilità di lavorazione. Niente a che vedere con nutrimento e salute, a quanto pare.
Meglio scegliere una farina di grani antichi se possibile, e non raffinata, quindi tipo 2 e integrale.
Se vuoi approfondire un pò questo argomento trovi l’articolo su cereali integrali e l’articolo sulla filiera corta delle farine.
Il pane a lievitazione naturale con pasta madre, anche con farine buone, si trova sempre più facilmente. Ma panificare in casa è un gesto che vale molto di più.
Innanzitutto non sottovaluterei l’aspetto economico: un pane di qualità con farine di qualità costa, per cui panificare in casa è molto più conveniente.
Ma è anche un atto che ci permette connessione.
Connessione con il passato, con la terra, con noi stessi, con le mani, con il vero cibo.
Ci connette con l’usanza di fare il pane in casa, di scambiare la pasta madre con i vicini, che risalgono ad anni fa. Impastare, toccare il cibo ci connette con il presente. E poi è un gesto che ci riporta alle radici del nostro nutrimento, alla terra, dove sono cresciuti e maturati i cereali, con il sole che hanno preso e con il nutrimento che la terra ci regala ogni giorno.
Dopotutto come scriveva Wendell Berry “mangiare è un atto agricolo”.